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Sveva Avveduto

Luigi Lombardi Satriani, Roma 29 marzo 2020



1. Dove vivi? Che lavoro fai?


Sono in pensione, sia dall’Università che da Senatore della Repubblica (XIII legislatura, 1996-2001); vivo prevalentemente a Roma, con frequenti soggiorni, quando possibile, nella mia Calabria, a San Costantino di Briatico, nel vibonese, mio paese natale.

2. La tua età: sotto i 35 anni; 36-50; 51-67; oltre i 67 anni. Il tuo genere


Oltre i 67 anni; maschio.


3. Come sono cambiati i tuoi tempi e le tue abitudini di lavoro?


Non sono cambiati molto, dal momento che trascorro tutto il mio tempo o dettando alla mia collaboratrice, considerazioni che andranno a comporre articoli o parti di volumi, che lentamente preparo, oppure leggendo; leggo opere prevalentemente di saggistica antropologica e molto molta narrativa.

4. Cosa è cambiato nelle tue abitudini quotidiane? Nello svago, la socialità, la cura della persona e della casa, l’alimentazione?


Ripeto, molto poco; anche per una mia connaturata pigrizia, tendevo ad uscire poco, dunque l’essere recluso in casa non è per me una novità. Per fortuna abito in una casa piuttosto grande e posso fare un minimo di movimento da stanza a stanza; ma la mia posizione abituale è sul divano, con i piedi su un pouf e in mano un libro e il telefono a portata di mano. È cambiato il contesto sonoro che percepisco; adesso è tutto divenuto molto più silenzioso: i rumori della vita quotidiana si sono affievoliti fino a scomparire del tutto. Questo da una sensazione di solitudine abbastanza angosciosa. Proprio per questo ho trovato di altissima efficacia etica il discorso che ieri Papa Francesco ha fatto, sulla nostra condizione: che non siamo soli, siamo tutti sulla stessa barca, non ci si salva da soli, ma tutti assieme. Queste parole, dette da un ultraottantenne, affaticato e stanco, mi sembrano parole da scrivere sul marmo, mentre l’immagine fisica di questa figura bianca in una piazza deserta, sferzata dalla pioggia, mi sembra già consegnata alla storia, come alto momento etico e direi perfino estetico.

5. Hai approfittato di questo periodo per fare qualcosa che ti ripromettevi, ma non avevi il tempo di fare?


A dire il vero, no. Per pigrizia e per vizioso attaccamento alle mie abitudini.

6. In questo isolamento con chi ti senti più in sintonia?


Con chi corrispondo quotidianamente per telefono scambiando impressioni, valutazioni, scritti e progetti, abbozzi di articoli e di libri. Altra presenza fondamentale è quella di mia moglie, Patrizia, pronta alle mie esigenze e sollecita di sincerarsi delle mie condizioni di umore. È per me poi motivo di gioia quotidiana ricevere da mio figlio fotografie del mio unico nipote, Luigi Lombardi Satriani, di appena sei mesi, che a me sembra ogni giorno più bello e dallo sguardo più eloquente.

7. Dove vorresti essere adesso?


Vorrei essere in Calabria, in quella che continuo a considerare la mia vera casa, quella di San Costantino, dove sono nato e ho vissuto gli anni della prima giovinezza e dove, appena posso, torno, per trascorrere lunghi periodi.

8. Cosa ti manca di più?


Il sorriso del mio nipotino, il fatto di non poterlo tenere tra le braccia e assistere al suo progressivo avvicinarsi al linguaggio delle parole.

9. Hai scoperto l’importanza di qualcosa cui prima non davi alcun peso o ne davi meno?


Forse, ma è considerazione fin troppo banale, il fatto che abbiamo bisogno degli altri e siamo parte indissociabile da un contesto più vasto. Già mi appariva chiaro da tempo, certo: «nessun uomo è in un’Isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra. […] Ogni morte d’uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell’umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: Essa suona per te», come ci ha chiarito il cinquecentesco poeta inglese John Donne


10. Pensi che ci sia qualcosa che hai riscoperto e alla quale non vorrai rinunciare dopo?


Non so rispondere a questa domanda. Debbo dire però che mi infastidisce un po’ la retorica di quanti adesso dichiarano che dopo tutto non potrà essere come prima, che avremo riscoperto il valore dello stare assieme, l’indispensabilità degli altri; penso che per quanto terribile sia questa esperienza, per quanto dolorosa sarà stata questa condizione di isolamento, quando sarà terminata, ritorneremo rapidamente alla vita di prima e ci affretteremo a dimenticare questi giorni rituffandoci in attività precedenti, per quanto banali esse siano, per quanto futili possano apparire agli altrui e ai nostri stessi occhi.

11. Cosa cambierà dopo? Cosa vorresti portare con te di questa esperienza quando sarà finita? Cosa non vorresti dimenticare?


Credo di aver risposto a questa domanda in quelle precedenti; direi che le domande sono anche un po’ ripetitive.

12. Come percepisci il cambiamento negli altri? Quali sono le domande che ti sei posta/o a questo riguardo e alle quali non avevi mai pensato prima?


Ho pochi rapporti col mondo esterno e quindi posso dare solo una risposta molto parziale a questa domanda. Ricevo più frequentemente di prima telefonate di parenti e di amici, desiderosi di sapere come sto e come affronto la giornata pronti a elargirmi consigli, a testimoniarmi il loro affetto, la loro amicizia. Sono grato di questo, ma io stesso telefono spesso a parenti e amici, prodigandomi nell’elargire consigli anche se li trovo un po’ retorici e ripetitivi.

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