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Grazia Francescato, Roma 1 giugno 2020


1. Dove vivi? Che lavoro fai?

Mi chiamo Grazia Francescato, vivo a Trastevere (Roma) e sono un'ambientalista, femminista, tra le fondatrici, nel 1973, di EFFE, prima rivista femminista in Italia.

2. La tua età: sotto i 35 anni; 36-50; 51-67; oltre i 67 anni. Il tuo genere

Ho 73 anni e sono una donna


3. Come sono cambiati i tuoi tempi e le tue abitudini di lavoro?

Il coronavirus ha ristretto gli spazi, costringendoci a vivere in casa, ma ha dilatato i tempi, rallentando i nostri troppo frenetici ritmi. Sul fronte del lavoro, ha costretto anche persone 'arcaiche' come me, con dimestichezza assai ridotta con le tecnologie, ad adottare l'uso di webinar, youtube, piattaforme digitali etc. facendoci fare in pochi mesi un salto in avanti tecnologico.

Penso che in futuro manterremo modalità 'miste' di lavoro, facendo uso frequente di questi strumenti tecnologicamente avanzati ma partecipando di tanto in tanto di persona a convegni, riunioni etc. perché il contatto fisico diretto non può essere sostituito.

4. Cosa è cambiato nelle tue abitudini quotidiane? Nello svago, la socialità, la cura della persona e della casa, l’alimentazione?


Abituata da mia madre ad un utilizzo 'disciplinato' della giornata, ho strutturato i tempi di lavoro/ cura della casa e della persona/ relazioni con amici/parenti. Non sono MAI restata in pigiama o in tuta, mi sono sempre vestita con cura (sia pure casual, ovviamente) per una forma di rispetto di me stessa e dei miei familiari. Ho letto, ascoltato musica, mi sono occupata di più delle piante sul mio balcone e pure delle piante in strada, abbandonate da proprietari di bar/ristoranti chiusi per lockdown.

Ho sempre fatto la spesa al mercatino rionale, osservando le distanze e ho iniziato a farmi portare frutta e verdura da una cooperativa di giovani migranti, 'Barikamà' (che nel linguaggio del Mali significa 'Resilienza', nome assai calzante) che coltivano terreni pubblici nei dintorni di Roma. Un'abitudine che sicuramente manterrò, perché l'urgenza di ricostruire food chains locali è uno degli insegnamenti che ci ha impartito la pandemia.

5. Hai approfittato di questo periodo per fare qualcosa che ti ripromettevi, ma non avevi il tempo di fare?

Leggere finalmente la pila di libri sulla scrivania, che attendevano da mesi; scrivere con più frequenza ed approfondimento ad amici/ parenti; cucinare cibi più raffinati o che richiedevano tempo; mettere in ordine armadi e cassetti; riordinare vecchie foto!!! Pensare, sognare e abbandonarmi senza sensi di colpa al 'dolce far niente'!


6. In questo isolamento con chi ti senti più in sintonia?

Mi sono sentita in sintonia con persone care, accuratamente selezionate, privilegiando la qualità della relazione rispetto alla quantità dei contatti; mi sono sentitain sintonia con gli alberi dell'antico 'lucus' del Gianicolo che vedo dalla mia finestra e che erano teatro della mia passeggiatina quotidiana con autocertificazione del caso; con i rondoni che mattina e sera riempiono i cieli; con l'inedito e meraviglioso silenzio mai sperimentato prima in cinquant'anni di vita a Roma.

7. Dove vorresti essere adesso?

Vorrei essere nei boschi della Majella, dove vado spesso, o sulle sponde del mio nativo Lago Maggiore.

8. Cosa ti manca di più?

Risposta La Natura, le lunghe camminate in montagna, il respiro dei grandi spazi.

9. Hai scoperto l’importanza di qualcosa cui prima non davi alcun peso o ne davi meno?

Ho scoperto l'importanza dell'essenziale; di quante cose si possa fare serenamente a meno; già prima avevo scelto uno stile di vita sobrio,ma la pandemia ha rafforzato questa scelta.


10. Pensi che ci sia qualcosa che hai riscoperto e alla quale non vorrai rinunciare dopo?

In realtà, con l'avanzare dell'età avevo già scelto/riscoperto il valore di un passo più lento e meditativo/contemplativo dell'esistenza, pur continuando a mantenere l'impegno di sempre sul fronte della difesa di Madre Terra e dell'attivismo civile. Il tempo del coronavirus mi ha confermato che era la direzione giusta, almeno per me.

11. Cosa cambierà dopo? Cosa vorresti portare con te di questa esperienza quando sarà finita? Cosa non vorresti dimenticare?


Credo sia il momento di capire che non possiamo tornare alla cosiddetta 'normalità, perché proprio nella 'normalità’, come un baco nella mela, si annida il problema. Ovvero la catena di errori inanellati in questi decenni da un modello di sviluppo predatorio che sta mettendo in pericolo il pianeta. Dobbiamo capire che, come ha scritto il Papa nella Laudato Sì, NON SI PUO' RESTARE SANI IN UN MONDO MALATO.

E che dunque NON C'E' UN PRIMA A CUI TORNARE;MA UN DOPO DA INVENTARE; INSIEME. Ci vuole quindi un SALTO DI QUALITA' DELLA COSCIENZA COLLETTIVA nella direzione di una radicale CONVERSIONE ECOLOGICA DELL'ECONOMIA E DELLA SOCIETA'.

12. Come percepisci il cambiamento negli altri? Quali sono le domande che ti sei posta/o a questo riguardo e alle quali non avevi mai pensato prima?


Il cambiamento collettivo rimane ,per ora, un grande punto interrogativo. Per la maggioranza, sembra che l'esigenza vincente sia quella di tornare al più presto al COME PRIMA. Esigenza legittima ed umana, visto l'impatto dell'intreccio tra pandemia e gravissima crisi economica/sociale. Ma non dobbiamo demordere e dovremo quindi promuovere il più possibile la scelta della SOSTENIBILITA' economica, sociale ed ambientale come risposta alla crisi. Non partiamo da zero, fortunatamente: ricordo l'Agenda 2030 dell'ONU, il Green Deal europeo e la sua traduzione in scelte politiche economiche coerenti (rimando, per chi volesse, al Recovery Plan dei Verdi Europei.

Grazie e buon tutto.

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