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Sveva Avveduto

Francesca Torelli, Venezia 30 marzo 2020


1. Dove vivi? Che lavoro fai?


Venezia centro storico. Consulente HR e Consigliera di fiducia.

2. La tua età: sotto i 35 anni; 36-50; 51-67; oltre i 67 anni. Il tuo genere


Età 36 – 50. Genere: Femminile

3. Come sono cambiati i tuoi tempi e le tue abitudini di lavoro?


Non mi sposto più. Con la mia attività almeno tre giorni a settimana impegnavo dalle tre alle quattro ore giornaliere negli spostamenti. Usando molto il treno, utilizzavo il tempo in mobilità per lavorare. In questo modo avevo giornate di lavoro molto lunghe, mentre nelle giornate a casa oltre a lavorare concentravo tutti le faccende quotidiane e il carico di cura. In questo periodo il lavoro è leggermente diminuito, ma essenzialmente ho la possibilità di distribuire equamente tra tutti i giorni della settimana le attività.

4. Cosa è cambiato nelle tue abitudini quotidiane? Nello svago, la socialità, la cura della persona e della casa, l’alimentazione?


La dimensione: cura della persona è quella che trae i maggiori benefici da questa situazione, ho sostituito il tempo “trasferta” con “tempo per il fitness”; direi che in tutte le dimensioni citate vi è stato un miglioramento: l ’alimentazione è più equilibrata e bilanciata (avendo ridotto i pasti fuori casa), nel week end ci si dedica a quelle piccole migliorie dell’ambiente domestico che avevamo in testa da anni, lo svago tra letture, film, giochi da tavolo, social è garantito. La socialità ne ha un po’ sofferto, ma la socialità si può realizzare anche nelle dinamiche familiari, come adattarsi a nuove modalità come le apericall !

5. Hai approfittato di questo periodo per fare qualcosa che ti ripromettevi, ma non avevi il tempo di fare?


Si, un po’ di fitness (per il quale mancava più che il tempo, lo spazio mentale) e lo studio/approfondimento….mi sono iscritta ad un Master Universitario.

6. In questo isolamento con chi ti senti più in sintonia?


Con tutti, familiari, amici, persone con cui lavoro (a distanza), sconosciuti che si stanno impegnando per affrontare l’emergenza …..un po’ meno con quelli molto preoccupati di perdere parte delle loro risorse economiche quando qualcuno le ha perse tutte o ha perso la vita.

7. Dove vorresti essere adesso?


Dove sono. A casa, in sintonia con me stessa e la mia famiglia, consapevole che questo è l’aiuto che posso dare alla collettività (non avendo una professionalità di tipo medico-sanitario).

8. Cosa ti manca di più?


Non poter essere vicino ai familiari più anziani che non hanno “una vita davanti” per recuperare questi mesi di isolamento. Le calli di Venezia affollate. Mai come prima ho avuto chiara la sensazione che le nostre meraviglie urbanistiche e architettoniche sono prive di senso, di fascino e di bellezza se non vi è l’elemento umano.

9. Hai scoperto l’importanza di qualcosa cui prima non davi alcun peso o ne davi meno?


Si, l’importanza di essersi creati un ambiente confortevole e gradevole che si chiama casa; di aver costruito giorno per giorno una solida armonia familiare e legami di sincero rispetto reciproco.

10. Pensi che ci sia qualcosa che hai riscoperto e alla quale non vorrai rinunciare dopo?


Il profondo significato di un abbraccio tra amici. Ho capito che non risponde solo ad una convenzione sociale, ma è un mezzo quasi insostituibile per trasmettere all’altro il nostro sincero affetto e, in uno scambio reciproco, il beneficio di quel messaggio ci fa compagnia, ci sostiene e ci scalda nei giorni di lontananza. Per alcuni versi la mia vita, in questo periodo di “statetuttiacasa”, non è cambiata molto, alcune giornate sono uguali al periodo precedente e non le trovo spiacevoli. Continuo a lavorare e dialogare con molte persone, si sono aperte anche nuove opportunità di crescita professionale, ho più tempo per la mia persona, scherzo e rido in famiglia, faccio le apericall con gli amici e lunghe chiacchierate via skype, mi informo su quel che sta succedendo nel mondo, come tutti stiamo affrontando questa situazione……. Ma percepisco continuamente un vuoto, un’assenza, come stessi vivendo in un limbo, piacevole, comodo, ma pur sempre un limbo. Penso che quel che manchi sia la gente, essere immersi nella gente, anche persone che non conosciamo, che non significano nulla per me, il turista che non vedrò mai più in vita mia, le comitive in shorts e infradito in piazza San Marco, un conoscente antipatico….mi mancano perché sono comunque un’espressione tangibile dell’umanità, della variopinta umanità. A questo non vorrei rinunciare dopo, a questo nuovo valore che assume la gente.

11. Cosa cambierà dopo? Cosa vorresti portare con te di questa esperienza quando sarà finita? Cosa non vorresti dimenticare?


Sono preoccupata del dopo, ho paura dello choc da rientro. Vorrei portarmi l’equilibrio, la pazienza che ho maturato e che penso altri abbiano maturato. Non vorrei che ricominciasse tutto come prima, più di prima. Vorrei trovare una società meno individualista e quindi non vorrei dimenticare, e non vorrei che neppure gli altri dimenticassero, la capacità che abbiamo avuto di agire singolarmente per resistere collettivamente, che l’altro è importante, a prescindere che sia un parente, un conoscente, un amico.

12. Come percepisci il cambiamento negli altri? Quali sono le domande che ti sei posta/o a questo riguardo e alle quali non avevi mai pensato prima?


Le reazioni sono molto varie, dipendono dal luogo e dalle persone con cui si sta vivendo e convivendo, dall’impatto sulla propria situazione economica, dalla solidità o fragilità personali. In generale le persone con cui sono in contatto per motivi professionali o amicali stanno affrontando in maniera costruttiva e positiva la situazione, approfittando di questo momento per concedersi qualche momento di otium, fare qualche riflessione per affrontare in maniera più attrezzata il futuro portandosi qualche tesoro scoperto in questa esperienza. Il nuovo stile di vita, sia per chi lavora da casa sia per chi va al lavoro, confrontandosi con gli uffici semivuoti, sembra essere stato digerito. E’ stato sufficiente un mese per passare dallo choc, alla lamentela e/o ironia, all’adattamento. Se dovessi misurare la reazione degli altri dai video tormentoni che girano (v. Tik Tok) direi che l’ironia è l’arma con cui tutti stiamo cercando di affrontare la situazione, che ci sono dei grandi talenti inespressi in ciascuno di noi. Mi sembra sia calato il livello di violenza nella comunicazione sui social e nei media (tutt’ora presente ma mitigato). Non mi sono posta delle domande sul cambiamento degli altri, mi sono limitata ad osservare e quello che vedo, in qualche modo, mi ricorda 'Cecità' di Saramago. Mi sono ripromessa di rileggerlo, una volta passato tutto questo.

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