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Sveva Avveduto

Franca Bimbi, Padova 10 maggio 2020

Aggiornamento: 12 mag 2020


1. Dove vivi? Che lavoro fai?

Vivo a Padova. Sono pensionata. Già professoressa ordinaria di Sociologia e già Presidente della Commissione Politiche Europee della Camera dei Deputati (secondo Governo Prodi 2006-2008)

2. La tua età: sotto i 35 anni; 36-50; 51-67; oltre i 67 anni. Il tuo genere

Ho 73 anni, sono diabetica (diabete 2) e ipertesa. Le mie risposte sono fortemente condizionate dalla mia età, stato di salute, Covid19 e criteri “selezione” per TI certificati da Linee guida Regione Veneto e Documento SAARTI 6 marzo 2020.

3. Come sono cambiati i tuoi tempi e le tue abitudini di lavoro?

Vivo in coppia con un compagno di 77 anni, stessa situazione professionale, buona salute. Stiamo a casa, riceviamo spesa a domicilio, anche 2 giornali. Aumentato il lavoro di cura per la casa e attenzioni alimentari.

Scrivo, leggo, mi documento abbastanza su letteratura scientifica internazionale su SARS e Mers, per confrontare su situazione attuale e soprattutto su aspetti di organizzazione del sistema sanitario del Veneto e sull’approccio alla vita sociale da parte di decisori politici e scientifici, e sull’attendibilità delle informazioni.

L’attesa dei disastri annunciati è un peso molto disturbante: contagi ospedalieri anche per deficit organizzativi, case di riposo gestite in maniera irresponsabile, incomprensioni tra burocrazia statale e federalismo (che in Veneto ci “salva” persino con un governo leghista).


4. Cosa è cambiato nelle tue abitudini quotidiane? Nello svago, la socialità, la cura della persona e della casa, l’alimentazione?

L’impatto della prima notizia del covid all’Ospedale di Schiavonia e a Vo’ Euganeo è stata uno shock che si ripete ogni mattina appena ci si sveglia. La vita quotidiana data per scontata è completamente sparita. La restrizione delle pur piccole passeggiate è pesante.

La socialità è virtuale ormai, con figlie/i e loro partner in lavori rischiosi (3 su 6) o chiusi con nipotini, o in aree più contagiate o più rischiose di Padova.

Difficile per me continuare a seguire dieta mediterranea: non posso più contare sul pesce fresco e devo avere maggiori attenzioni per involucri di plastica della verdura che consumo cruda, meno facilità a scegliere alcuni prodotti.

Moto in giardino, terrazza e lavori di pulizia casa.

Scambi belli, appassionati con nipotini e con amiche e amici coetanei con cui si può parlare più liberamente che con i figli (a causa delle reciproche preoccupazioni).

5. Hai approfittato di questo periodo per fare qualcosa che ti ripromettevi, ma non avevi il tempo di fare?

Sì, scrivere. Leggere gialli di Simenon e meditare sui pensieri di chi è passato da situazioni simili o peggiori…

Simenon è un grande scrittore e non così reazionario come lo legge Boltanski.

Dall’inizio febbraio sto scrivendo un articolo su genere e “inverno demografico” con una collega più giovane madre di due bambini. Vissuti divergenti. Io ho scoperto “Le mamelles de Tiresia” (1917) di Guilaume Apollinaire, un apologo femminista, natalista e patriottico. Apollinaire è morto di spagnola nel 1918. Da lì riletture su coronavirus… Molto divertente, interessante..e incremento del panico….

6. In questo isolamento con chi ti senti più in sintonia?

Col mio compagno. Negli scambi di messaggi e videochiamate con i figli le narrazioni non possono esprimere da nessuna parte le paure i rischi che patiamo maggiormente. Ci proteggiamo a vicenda e siamo a vicenda molto preoccupati.

Con amiche e sodali della mia età ci capiamo immediatamente: le divergenze dei viussuti tra le generazioni sono molto forti.

Sintonia con quegli scienziati che, oltre a essere molto attendibili, mantengono un tratto di relazione umana con chi soffre e persino con chi fa loro domande “stupide”.

Scarsa sintonia con quasi tutti gli scienziati-burocrati e super-tecnici-gestori che intervengono nella conferenza stampa serale. Sarà che sono tutti uomini ma pare non abbiano a minima cognizione della vita quotidiana delle persone.

7. Dove vorresti essere adesso?


Il 20 febbraio ero a un Seminario sulla salute delle donne migranti: c’erano tanti giovani studiosi e studios. Molto bello discutere.

“Prima” del 20 febbraio eravamo in due in una casa nella campagna toscana. Era un idillio…

“Dopo” : ora siamo qui e non mi pare che sceglierei un altro posto. “lui” potrebbe seguirci.


8. Cosa ti manca di più?


La possibilità di confrontarmi con ragionamenti critici su quello che sta succedendo.

Mi dispiace di non saper raccontare graphic novel stile Il Male, perché occasioni per riderci su non ne mancano.

Mi manca la possibilità di far previsione su quando potrò riabbracciare i nipotini, toccare gli amici…

9. Hai scoperto l’importanza di qualcosa cui prima non davi alcun peso o ne davi meno?


A quest’età la morte pareva lontana, ora bisogna ragionarci su in termini empirici (come comincerà il viaggio da casa a quale ospedale), ironici, pensando a chi lascerò i miei libri….. Riscoperta l’ironia del toscaneggiare…

Tutta la mia vita si è contratta tra il 21 febbraio e il 13 Marzo. In quei pochi giorni da persona anziana, prof. in pensione, nonna-in-connessione mi sono ritrovata in una categoria: vecchi in prima fila a morire. Nei primi giorni giornali e media (anche per voce di esperti e persino di qualche demografo e sociologo che stimo) trasmettevano un sospiro di sollievo quando si annunciavano le età dei morti. Due giorni dopo la narrazione ha sottolineato la separazione dei nonni dalle famiglie, poi le morti in case di riposo come fosse una fatalità imprevista, poi le bare di Bergamo con commenti sul dolore dei parenti per il mancato saluto (e i morti solo numeri: finalmente ci si accorge dell’eccesso anche improprio di morti anziani ), infine gentili immagini di anziani-memoria (il post mortem! No, grazie!).

Il 22 febbraio chi sapeva leggere le cronache locali aveva già capito che a Schiavonia (come a Codogno) c’era voluto il coraggio di due o tre medici “di prima trincea”, che avevano trasgredito ai tre criteri stringenti Oms SOLO in base ai quali si poteva eseguire il tampone per identificare il Covid19. Quei medici si sono presi la responsabilità di fare una diagnosi….e in Veneto così hanno salvato il loro ospedale e anche Vo’ Euganeo e il resto della Regione (a Codogno invece l’anestesista che si è presa la responsabilità di non rispettare i tre criteri OMS è arrivata, per caso, nel turno dopo due-tre giorni di andirivieni del caso 1, prima respinto e poi inserito con altri ammalati….).

Intanto dall’ospedale Giovanni XIII di Bergamo un giovane medico che lavorava in TI raccontava ai giornali la sua sconfitta: doveva fare delle scelte terribili, di selezione, con così tanta fretta che non era sicuro fossero quelle “appropriate”.

Il 6 di Marzo ancora tutti sugli argini a passeggio senza mascherine e molto vicini a godersi la primavera….

Il 3 Marzo viene approvato un documento SIAARTI RACCOMANDAZIONI DI ETICA CLINICA PER L’AMMISSIONE A TRATTAMENTI INTENSIVI E PER LA LORO SOSPENSIONE, IN CONDIZIONI ECCEZIONALI DI SQUILIBRIO TRA NECESSITÀ E RISORSE DISPONIBILI , fatto proprio il 13 Marzo dalla Dirigenza della sanità regionale veneta pur con una nota critica del Comitato scientifico regionale. Questo documento, per la sua evidente incongruità sul piano etico e pratico, mi colpisce molto e perciò ho scritto di seguito una nota in merito che è stata resa pubblica. Mi ha molto colpito che anche colleghi che insegnano bioetica non avessero discusso non tanto il documento quanto la circolare regionale e soprattutto non abbiano fatto attenzione al problema che si stava delineando e che verso il 20 marzo cominciava a “scoppiare” anche in Veneto: le morti nelle residenze e case di riposo.

Inoltre il 13 Marzo era stato pubblicato il documento “The Hastings Center, Ethical Framework for Health Care Institutions Responding to Novel Coronavirus Sars-CoV-2 (COVID-19); Guidelines for Institutional Ethics Services Responding to COVID-19, 16.3.2020” di ben altro spessore bioetico, sociale e di orientamento pratico. Le specificazioni di questo documento, di impianto tipicamente liberale, possono risultare dure, dolorosa, in parte discutibili ma certo chiariscono che la sospensione delle cure ha bisogno sempre di una valutazione clinica e di un riferimento a situazioni eccezionali ben delimitate. Inoltre sono stata molto colpita dal riferimento SIAARTI alla “rimodulazione delle cure palliative” e alla previsione di un “periodo agonico non breve” per il quale ci si preoccupa solo dello spostamento del paziente. Mi sono sentita in pericolo e la mia attenzione verso le cronache di Bergamo e delle case di riposo è diventata molto acuta.

Mi sono accorta che perdevo fiducia nella tutela del diritto a essere accompagnata a morire con meno dolore possibile proprio in una Regione che penso abbia un’ottima sanità ospedaliera e ricerca medica…

Sono ritornata a leggere alcuni testi di medicina narrativa (Rita Charon).

10. Pensi che ci sia qualcosa che hai riscoperto e alla quale non vorrai rinunciare dopo?


A coccolarmi, a ascoltare le voci a pochi cm di distanza.

Riprendere la riflessione sulla salute, il sistema sanitario e la vita quotidiana delle persone….finché avrò vita.

Considerare la letteratura sull’ageismo…che ho sempre trascurato.

11. Cosa cambierà dopo? Cosa vorresti portare con te di questa esperienza quando sarà finita? Cosa non vorresti dimenticare?


“Dopo” ci vorrà molto tempo per imparare la lezione sui virus e su come ce li siamo tirati addosso. Quando quest’esperienza finirà potrei non esserci più, quindi non ci penso.

So che i figlie, figli e nipoti hanno le risorse morali e immaginative per scommettere su un altro mondo possibile. Una visione che la nostra generazione ha tradito. Inevitabile?

Vorrei dimenticare che il 24 febbraio avevo letto un po’ e scritto un post sulla necessità di fare tamponi a largo raggio, che il 7 marzo si raccontava ancora com’era bello che le nonne e i nonni accudissero i nipotini, che qualche giorno prima un sociologo aveva scritto che avevamo lo stesso cigno nero della Cina, ma anche un cigno in più: una popolazione troppo vecchia…

Mi piacerebbe dimenticare….il pipistrello che invece si è ricordato di noi. Pare non fosse la prima volta!

12. Come percepisci il cambiamento negli altri? Quali sono le domande che ti sei posta/o a questo riguardo e alle quali non avevi mai pensato prima?

Gli “altri” sono persone molto diverse tra loro e questo mi piace. C’è chi ha “troppa” paura e chi “troppo poca”. Chi ama la vita e ottimista continuerà a lottare, e lo fa in molti modi. Percepisco che c’è chi ama la retorica e tende a rappresentare l’eroismo degli altri e a cercare di farci piangere piuttosto che a informare o far ragionare. Trovo che i medici non siano eroici, ma appassionati e, purtroppo, talvolta troppo ligi ai Direttori generali (qualche errore medico è dipeso da ciò). Vorrei essere un medico perché per loro è una bellissima esperienza: non sono in guerra, ma sul loro campo di battaglia.

Non avevo pensato prima che la verticalizzazione della sanità (anche quella buonissima del Veneto) rendesse così ciechi rispetto alle emergenze sociali non economiche; che i medici di base si dividessero tra quelli quasi assenti oppure molto compresi del prendersi cura, che la cosiddetta società civile fosse più pronta a offrire volontariato ma meno a mobilitarsi prima di tante morti annunciate (case di riposo).

Trovo imperdonabile che non si sia pensato prima ai farmaci. Il vaccino non arriverà…come è già accaduto per AIDS, Ebola e altre SARS. Mi aspetto che scienziati e ricercatori ce ne spieghino le ragioni. Anche per imparare a convivere con questa e altre pandemie.

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