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Sveva Avveduto

Dante Cannarella, Trieste, 2 aprile 2020

Aggiornamento: 6 apr 2020


1. Dove vivi? Che lavoro fai?

Vivo a Trieste e sono pensionato. Sono stato speleologo, archeologo, ricercatore, divulgatore e autore di sessanta libri, molti dei quali sul Carso triestino. Ancora scrivo.

2. La tua età: sotto i 35 anni; 36-50; 51-67; oltre i 67 anni. Il tuo genere

Sono nato nel primo giorno del solstizio d'estate del 1930 (90 anni). Uomo.

3. Come sono cambiati i tuoi tempi e le tue abitudini di lavoro?

Ho cominciato a scrivere i primi racconti a mano, con la penna stilografica; il primo libro del 1956 l'ho scritto con una vecchia Olivetti 22; via via gli altri libri li facevo con portatili più moderne, fino all'elettrica, e nel 1990 ho affrettato la scrittura e meglio ancora la stampa dei miei lavori con il PC.

4. Cosa è cambiato nelle tue abitudini quotidiane? Nello svago, la socialità, la cura della persona e della casa, l’alimentazione?

Durante l'inverno poco perché con pioggia e freddo poco mi muovevo, ora con la primavera molto perché non posso andare a camminare in Carso come facevo gli anni passati. I miei svaghi sono ormai da anni gli stessi: Letture e Televisione, ma non troppa. Quanto alla socializzazione, parlavo volentieri con le persone. Proprio in gennaio ho fatto una chiacchierata di due ore, parlando dei castellieri carsici, davanti a un uditorio di una cinquantina di persone. Ma tendenzialmente sono contento anche di essere solo, ovvero mi basta avere sempre vicino mia moglie, come avviene ormai da 70 anni. Alla cura della casa ci pensiamo noi, almeno facciamo quello che possiamo e in qualcosa ci aiutano le figlie, quando vengono a portarci la spesa perché è dai primi giorni di marzo che non usciamo più di casa se non per scendere in giardino quando il tempo lo permette. Sono scrupoloso per la cura della persona perché in questi ultimi anni sono purtroppo finito più volte all'Ospedale, per fratture o attacchi di cuore, quindi ci tengo a essere sempre in ordine e impeccabile. All’alimentazione provvede la moglie, con una dieta varia, povera di grassi, quasi priva di sale, con molte verdure e frutta. Il pane me lo faccio da solo con farine particolari e senza sale.

5. Hai approfittato di questo periodo per fare qualcosa che ti ripromettevi, ma non avevi il tempo di fare?

Sì, ho cominciato ha riordinare le fotografie, quelle nostre (mie e di mia moglie insieme) con lo scopo di fare un album che, attraverso le immagini, racconti la nostra storia. E poi ho cominciato a riordinare le mie librerie. Tanti libri ho dato ai figli e nipoti e altri ho regalato. Libri che mi erano stati utili o che avevo amato ma che non leggerò più. Ho scoperto libri che avevo dimenticato e che non ho mai letto.

6. In questo isolamento con chi ti senti più in sintonia?

Con mia moglie. A volte basta un gesto per capirci. Spesso i nostri pensieri s’incontrano senza bisogno di parlare. Quanto ai nostri figli, quando non vengono l'uno o l'altra con la scusa di portarci la spesa, ci telefonano anche più volte al giorno.

7. Dove vorresti essere adesso?

In montagna, a Valbruna, nelle Giulie. E', dopo il Carso, il posto che più amo e dove ho i miei più bei ricordi. Anche perché so che a causa della frattura del mio femore, non potrò mai più tornare a fare escursioni. Vero è che ho finito di scrivere da poche settimane il mio ultimo libro nel quale ripercorro tutte le vacanze passate in quella Valle stupenda e fascinosa.

8. Cosa ti manca di più?

Mi manca il Carso al quale ho dedicato tutta la mia vita, come uomo, come ricercatore e come osservatore. Mi manca la primavera, vedere sbocciare i fiori. Ed è più dura per me che ho già perso la primavera del 2017 quando mi sono rotto il femore e sono rimasto fermo per tre mesi. E anche l'anno scorso, dopo un'altra operazione, mi sono perso tante belle giornate di sole e non ho potuto vedere spuntare bucaneve e primule.

9. Hai scoperto l’importanza di qualcosa cui prima non davi alcun peso o ne davi meno?

Sinceramente questa quarantena forzata non mi pesa molto. Ci sono stati momenti ben più duri nella mia adolescenza, durante la guerra, con i bombardamenti, le paure, la fame, la dominazione tedesca, i rastrellamenti, i partigiani slavi, i combattimenti per le strade. E poi la mia età mi fa stare tranquillo e senza ansie perché ho superato la paura della morte.



10. Pensi che ci sia qualcosa che hai riscoperto e alla quale non vorrai rinunciare dopo?

Ho riscoperto cosa voglia dire la libertà fisica. La possibilità di uscire come prima, quando avevo voglia, magari solo per andare al Supermercato a fare la spesa con mia moglie, prendere quello che serviva per casa, scegliere tra i formaggi i miei preferiti, le farine per il mio pane, sempre vario, e lo yogurt, senza dover demandare oggi tutto a una delle figlie. E poi andare in Carso, con la macchina che ho acquistato da pochi mesi e che mi piace guidare, tranquillo, per le strade che conosco bene e non mi creano problemi.

11. Cosa cambierà dopo? Cosa vorresti portare con te di questa esperienza quando sarà finita? Cosa non vorresti dimenticare?

Per me credo che non cambierà molto. Andrò a camminare in Carso, lungo le solite strade, poco frequentate. Vedrò se ci sono stati cambiamenti nel paesaggio; curerò un poco il giardino; mi sceglierò un libro da leggere e guarderò qualche telefilm poliziesco, che sono i miei preferiti. Certamente non dimenticherò che le altre quarantene le ho fatte perché ero infortunato e questa la sto facendo per evitare di morire.

12. Come percepisci il cambiamento negli altri? Quali sono le domande che ti sei posta/o a questo riguardo e alle quali non avevi mai pensato prima?

Queste sono risposte difficili da dare. Come storico e con questa esplosiva globalizzazione mi è difficile immaginare se ci sarà una svolta epocale come è già avvenuto con altre epidemie a cominciare dal secolo XIV. Però ci sarà un dopo sicuramente e lo hanno detto già alcuni, non storici, ma fisici e matematici i quali, già da qualche anno, avevano previsto un evento analogo. Bill Gates aveva detto che non sarà l'atomica a portare l'umanità verso la distruzione ma un virus. In fondo perché meravigliarsi? Il Coronavirus è un organismo vivente che vuole espandersi per garantire la propria sopravvivenza, a spese della nostra. Dovremo conviverci come già facciamo con gli altri suoi parenti, curando le nostre difese immunitarie.




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