1. Dove vivi? Che lavoro fai?
Vivo a Roma e faccio la giornalista free lance, mi occupo di scienza.
2. La tua età: sotto i 35 anni; 36-50; 51-67; oltre i 67 anni. Il tuo genere
Sono una donna, fascia d’età 51-67.
3. Come sono cambiati i tuoi tempi e le tue abitudini di lavoro?
A dir la verità poco è cambiato per me. Da molti anni lavoro in casa come giornalista free lance, questo vuol dire che già da prima dell’emergenza Covid 19 molte ore della giornata le passavo qui, nella mia postazione di lavoro casalinga.
4. Cosa è cambiato nelle tue abitudini quotidiane? Nello svago, la socialità, la cura della persona e della casa, l’alimentazione?
Qui naturalmente il cambiamento è stato maggiore. Non ho una grande vita sociale, ma nel fine settimana di solito partecipo a cene con amici o vado al cinema, qualche volta mi concedo un aperitivo con le amiche. In tempi normali cerco di andare due volte a settimana al corso di NIA, una disciplina che mette insieme danza e arti marziali e che mi consente di stare lontana dalle palestre che non amo, un’altra volta a ginnastica posturale. Ecco, tutto questo è al momento cancellato, naturalmente. Come ogni brava signora che lavora e he può permetterselo, ho una persona che mi aiuta nelle faccende domestiche ma che in questi giorni non sta venendo, quindi lavo pavimenti, lavo bidet e spolvero, non tantissimo, ma comunque più di quanto abbia fatt negli ultimi anni. E credo che questo sia un bene per molte persone, me compresa. A differenza di altre amiche, non ho mio marito a casa perché fa il medico ospedaliero e di questi tempi lavora più del solito. Anche su questo fronte dunque non è cambiato molto. Il mio problema è che tendo un po’ a lasciarmi andare, voglio dire non sono di quelle donne che si vestono di tutto punto e si truccano prima di sedere alla propria scrivania nel soggiorno di casa. Ecco, no. Io potrei anche rimanere una giornata con la tuta, se seguissi la mia indole. Questa tendenza, in questo momento, può essere accentuata e catastrofica. Cerco quindi di resistere, ad esempio ieri mi sono truccata di tutto punto per fare una videochiamata con mio figlio che studia in un’altra città. L’alimentazione: fino a qualche giorno fa, aspettavo il momento di andare al supermercato per fare due passi, ma ultimamente è diventato un po’ stressante tra file, mascherine, guanti che si rompono, gente che ti guarda male. Sto rinunciando e cerco di mandare mio figlio o mio marito. Però cucino di più, ho fatto anche la marmellata di mandarini.
5. Hai approfittato di questo periodo per fare qualcosa che ti ripromettevi, ma non avevi il tempo di fare?
Avevo cominciato con buone intenzioni, tipo rimettere in ordine l’armadio. Ma l’ho trovato noioso tanto quanto lo era prima dell’epidemia e ho rinunciato. Poi devo dire che non riesco a staccarmi dai notiziari e dalla caccia agli articoli su quello che stiamo vivendo qui ed ora. Però ho ripreso a suonare la chitarra!
6. In questo isolamento con chi ti senti più in sintonia?
Mi sento in sintonia con la mia famiglia. Fortunatamente non sono sola in casa, ma ci sono mio marito, uno dei mei figli e mia madre. Siamo riusciti a convivere serenamente.
7. Dove vorresti essere adesso?
Vorrei essere vicino a mio figlio maggiore che sta da solo in un’altra città e che ha contratto il Covid 19, per fortuna in forma non aggressiva.
8. Cosa ti manca di più?
Abbracciare mio figlio. Camminare all’aria aperta, all’inizio lo facevo, ma con le misure più restrittive ho smesso.
9. Hai scoperto l’importanza di qualcosa cui prima non davi alcun peso o ne davi meno?
Davo poco peso all’attività fisica e all’aria aperta che invece è importantissima, davo poco peso al fatto di poter liberamente spostarsi per andare a trovare le persone a cui tieni e invece ora mi manca. Davo per scontata la sanità pubblica e invece è qualcosa che va costruita e che dobbiamo conservare attivamente.
10. Pensi che ci sia qualcosa che hai riscoperto e alla quale non vorrai rinunciare dopo?
Ho scoperto che posso fare a meno di moltissime cose, che non mi manca nulla di ciò che è superfluo, non ho bisogno di vestiti e neppure di parrucchiere. Non ho bisogno di correre tutto il giorno per rispondere a bisogni spesso non veri. Non vorrei rinunciare a questo senso di libertà dal consumismo e dalla velocità a tutti i costi.
11. Cosa cambierà dopo? Cosa vorresti portare con te di questa esperienza quando sarà finita? Cosa non vorresti dimenticare?
Dentro di me c’è dell’ottimismo. Penso che, se saremo bravi, riusciremo a uscirne con un senso di solidarietà rafforzato, con l’idea, basata su questi giorni di esperienza, che una vita meno frenetica e meno consumistica non solo è possibile ma ha anche alcuni elementi positivi. Penso che capiremo che la sanità e l’istruzione pubblica sono i pilastri del nostro vivere civile e che dobbiamo difenderli e rafforzarli, ma non solo a parole. Vedo tante persone ad esempio che difendono la sanità pubblica a parole ma poi si curano nel privato. Bene, ora dov’è il privato? Dove stanno le tante cliniche hotel che spesso speculano sulla domanda di salute? Penso che, se la nostra memoria ci aiuterà e non dimenticheremo questi giorni difficili come spesso invece capita a noi esseri umani, capiremo anche come sia importante creare la fiducia tra la popolazione e le istituzioni, tra la scienza e la società, come sia importante che la cultura ci sia e si interroghi su quello che accade.
12. Come percepisci il cambiamento negli altri? Quali sono le domande che ti sei posta/o a questo riguardo e alle quali non avevi mai pensato prima?
Ho la sensazione che ci sia volontà di collaborare, che tutti si sentano più uniti, una condizione che nel nostro Paese non è frequente. Le domande: mi domando se la regionalizzazione della sanità abbia ancora un senso, mi domando se ha senso pensare a una governance mondiale per le questioni di salute, mi domando se, in particolare in alcuni paesi in cui la democrazia è più debole, questa limitazione delle libertà possa avere conseguenze negative, mi domando se questa Europa abbia la capacità di affrontare le situazioni di crisi, mi domando se questo ordine mondiale dei potenti sia l’unico possibile. E poi mi domando, come sempre: che mondo ci sarà domani per i nostri figli?
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